

LE NUOVE SCOPERTE CERVELLO

PROGRAMMA MNESYS
Mobilita 800 scienziati ed è il più grande progetto di ricerca mai realizzato in Italia.
Dall’Alzheimer al Parkinson, dalle mani bioniche ai gemelli digitali, gli studi che rivoluzioneranno le neuroscienze.



e capire il
PRISMA


Cervello
SVELARE IL CERVELLO
Un team di 800 scienziati in 90 centri di ricerca italiani sta studiando il nostro organo più complesso. Ecco tutte le frontiere del programma Mnesys. 28
I MECCANISMI DEL CERVELLO BAMBINO
Dal grembo materno all’infanzia: nei primi mille giorni di vita si decide il futuro neurologico di ciascuno di noi.
LA BILANCIA DELLA MENTE
Un minuto su una piattaforma per scoprire l’età reale del cervello e predire le malattie neurologiche.
LA NUOVA FRONTIERA DELLE MANI BIONICHE
Una neurotecnologia che interpreta le intenzioni di movimento per ripristinare la destrezza delle dita.
Nuovi studi collegano lo squilibrio della flora batterica a epilessia infantile e danni all’udito.
SALVARE I NEURONI CON LA CANNABIS?
La lotta contro sclerosi multipla, epilessia e ictus potrebbe passare da molecole come il Cbd e da nuove biotecnologie. 36 I DOLCI NEMICI DEI NEURONI?
Obesità e troppe calorie possono peggiorare malattie come la sclerosi multipla. Ma la dieta può venire in aiuto.
La passione del perché
C’è una parola che ci unisce, voi lettori e noi della redazione: perché. Questa parola, o meglio questa domanda, è il motore di ogni pagina di Focus: è la curiosità, il desiderio di capire che ci spinge a non accontentarci mai. Questo mese, quel “perché” ci porta in un viaggio che inizia dall’oggetto più misterioso e affascinante: il nostro cervello. Vi raccontiamo Mnesys, un programma che vede 800 scienziati italiani al lavoro per decifrare l’incredibile rete di 100mila miliardi di connessioni che ci permette di pensare, sognare e, appunto, interrogarci. Un’impresa straordinaria che si spinge dove malattie come Alzheimer e Parkinson gettano le loro ombre, con l’obiettivo di trovare biomarcatori per diagnosi precoci e sviluppare nuove cure (a pag. 24). La stessa passione per la conoscenza ci proietta poi nello spazio profondo, a dieci anni dalla prima rilevazione delle onde gravitazionali (a pag. 58). Grazie a queste “increspature” del cosmo, abbiamo confermato le geniali intuizioni di fisici come Albert Einstein e Stephen Hawking. Eppure, le osservazioni più recenti ci mettono di fronte a buchi neri così grandi da sfidare gli attuali modelli di evoluzione stellare. Come spesso accade, ogni risposta apre a nuove domande. E poi c’è il mistero più intimo: quello che si cela dietro la nascita di ogni bambino. Perché nascono più maschi che femmine (a pag. 64)? Cosa determina il sesso di un nascituro? Non lo sappiamo ancora: la risposta che la scienza sta componendo è un affascinante mosaico di biologia ed evoluzione. Il filo rosso che unisce questi viaggi nella conoscenza è la passione. Non un sentimento vago, ma quella forza inesauribile che spinge i ricercatori a non arrendersi e a farsi nuove domande. È l’energia che dal 7 al 9 novembre vogliamo raccontare al nostro festival, il Focus Live. Vi aspettiamo al Museo Scienza e Tecnologia di Milano (pag. 102). Sarà l’occasione per incontrarci e per conoscere i protagonisti della ricerca che, come noi e come voi, non smettono mai di chiedersi “perché”.

La fauna abbonda di chimici esperti che producono tossine. Per attacco o difesa. 13
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Il restauro della conceria Officina Coriariorum, a Pompei, svela l’industria del cuoio romano, antica antenata del Made in Italy.


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Salvare i neuroni
La lotta contro sclerosi multipla, epilessia e ictus potrebbe passare anche da molecole controverse come il Cbd e da biotecnologie avveniristiche.
Il cervello ha enormi capacità di recupero. Se perde neuroni, per esempio con l’invecchiamento, altri possono sostituirne le funzioni grazie alla cosiddetta “riserva neuronale”. Ma non è un superpotere infinito: a un certo punto la perdita di cellule diventa così grave da non poter più essere compensata. Accade in malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson o dopo un ictus. Queste patologie sono sotto la lente dei ricercatori dello Spoke 6 (Neurodegenerazione, trauma e ictus) coordinati da Tullio Florio dell’Università di Genova. Il loro scopo è comprendere i meccanismi di alterazione delle cellule cerebrali e identificare nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce e nuovi bersagli per i farmaci. A volte, le soluzioni a questi problemi si trovano in luoghi sorprendenti.
È il caso degli studi di Domenico PellegriniGiampietro e di Elisa Landucci, dell’Università di Firenze, che stanno indagando sul ruolo dei cannabinoidi nelle malattie neurodegenerative. Queste molecole che si estraggono dalla Cannabis, delle varietà sativa e indica, da cui si preparano marijuana e hashish, hanno infatti una “doppia faccia” che potrebbe aprire nuove strade terapeutiche. «Le due sostanze più note sono il tetraidrocannabinolo (Thc) e il cannabidiolo (Cbd): il primo è responsabile degli effetti stupefacenti della cannabis, il secondo no e anche per questo viene venduto liberamente in molte nazioni e a differenza del Thc non è considerato doping nello sport», spiega PellegriniGiampietro, che da anni studia queste molecole su modelli sperimentali di ischemia cerebrale. Una ricerca pubblicata di recente dal team Mnesys ha dimostrato che il Thc accentua il danno sui neuroni in diversi modi; in particolare alterando la funzione dei mitocondri (le centrali energetiche della cellula) e delle sinapsi. Ma, al contrario, il Cbd mostra un potenziale protettivo nell’ischemia, simile a quanto osservato in altre malattie come la sclerosi multipla e l’epilessia. In quest’ultimo caso,
viene già usato con successo nelle forme infantili che non rispondono ai farmaci tradizionali. «Il Cbd inoltre attenua un po’ gli effetti negativi di Thc in chi abusa dei prodotti della cannabis», specifica Pellegrini-Giampietro. «Il Cbd è quindi protettivo in condizioni patologiche, cioè in presenza di malattie neurologiche o in caso di abuso cronico di canne e simili. Nelle persone sane non è però una molecola così “tranquilla” come molti pensano, specialmente quando il sistema nervoso è in via di sviluppo: in gravidanza e in adolescenza serve molta attenzione anche con il solo Cbd, perché si è osservato che può avere conseguenze negative sul cervello dei nascituri e dei ragazzi».
CAOS E CAUTELA
Insomma, il Cbd è una sostanza da maneggiare con cura. Da un lato, potrebbe rivelarsi una risor-

TERAPIE
I cannabinoidi hanno potenziali usi terapeutici: possono ridurre il dolore, la nausea e la spasticità muscolare in varie patologie.
I POSSIBILI USI CURATIVI DEI CANNABINOIDI

EFFETTI TERAPEUTICI
Stimolazione dell’appetito
USI TERAPEUTICI
Cure palliative per anoressia causata da oppioidi, antivirali, malattie correlate all’Aids o tumore terminale
Analgesia Dolore da cancro, dolore postoperatorio, dolore dell’arto fantasma Riduzione di spasticità/ atassia/ debolezza muscolare Sclerosi multipla, paralisi cerebrale, lesioni del midollo spinale

con la cannabis?
LE
DUE VARIETÀ PRINCIPALI
Provenienza: foreste pluviali di zone molto calde e umide, come Thailandia, Cambogia, Colombia, Messico, Brasile e America Centrale.

Pianta, foglie e infiorescenza: la pianta si presenta alta e con foglie strette.
E

Provenienza: zone mediorientali molto calde e umide come Afghanistan, Pakistan, India (il nome indica è proprio l’aggettivo per l’India).

Pianta, foglie e infiorescenza: la pianta si presenta bassa, a forma conica e con foglie larghe.

sa per proteggere i neuroni; dall’altro, è al centro di equivoci, alimentati da una legislazione confusa (in Italia da luglio 2024 è stata inserita fra le sostanze stupefacenti e in farmacia può essere venduta solo dietro ricetta medica) e da un consumo spesso superficiale. «In Italia esistono due farmaci, uno con Cbd puro per l’epilessia infantile refrattaria, l’altro che contiene Thc e Cbd in dosi uguali per la sclerosi multipla e il dolore oncologico, come coadiuvante della terapia che può diminuire la necessità di oppioidi», informa Pellegrini-Giampietro. «Accanto ai farmaci ufficiali, però, esiste un mondo caotico e non regolamentato di estratti di cui è difficile conoscere la vera composizione. La pianta di cannabis è un “vaso di Pandora”: contiene moltissimi cannabinoidi e, a seconda di come vengono estratti, si ottengono prodotti molto diversi. Oggi abbiamo qualche in-
formazione clinica in più solo per Thc e Cbd. A complicare il quadro, le piante non sono tutte uguali. Insomma, l’obiettivo delle ricerche è caratterizzare al meglio questo insieme di molecole per individuare le combinazioni più utili nelle diverse condizioni». Resta però una sfida cruciale: come portare queste molecole nel cervello con la massima efficacia? A proteggerlo, infatti, c’è la barriera emato-encefalica, un “cancello” quasi invalicabile che blocca il 98% dei farmaci. Per superarla, Anna Rita Bilia, chimica dell’Università di Firenze, sta sviluppando minuscole nano-vescicole, bolle di lipidi infinitamente piccole. Queste “navicelle” possono essere caricate con i farmaci, attraversare la barriera e rilasciarli in modo controllato. I test sono in corso proprio per il Cbd, ma la tecnologia potrebbe rendere più efficienti molte terapie neurologiche.
CONFRONTO
Le piante di Cannabis non sono tutte uguali. Le due varietà principali, sativa e indica, si differenziano per origine, aspetto, altezza e per i livelli di Thc e Cbd in esse contenuti.
Livello Livello
Mnesys

Obesità e troppe calorie possono peggiorare malattie come la sclerosi multipla. Ma la dieta può diventare una terapia di supporto.
I dolci nemici dei neuroni
Anche il cervello può “infiammarsi”. E quando accade non è un bene, perché proprio la neuroinfiammazione è corresponsabile di molte malattie che fanno paura, dalla sclerosi multipla all’Alzheimer. I ricercatori dello Spoke 7, coordinati da Gabriela Constantin che dirige il Laboratorio di Neuroimmunologia e Neuroinfiammazione dell’Università di Verona, studiano proprio il dialogo fra neuroni e cellule immunitarie.
Normalmente, queste ultime circolano nel sangue e interagiscono poco con il cervello. In presenza di una malattia, però, possono entrare nel tessuto cerebrale, e allora il dialogo diventa un conflitto. Le cellule immunitarie rilasciano molecole che danneggiano i neuroni e questi muoiono, favorendo la neuroinfiammazione e la neurodegenerazione: accade nell’Alzheimer e nella sclerosi multipla.
È proprio in queste patologie che i ricercatori Mnesys hanno scoperto che pure quello che

QUANDO IL GRASSO “ACCENDE” L’AUTOIMMUNITÀ
SOVRACCARICO METABOLICO
NELLE PERSONE OBESE

Alto introito calorico Grossa quantità di tessuto adiposo viscerale

mangiamo può interferire, nel bene e nel male, nelle “comunicazioni” fra cervello e sistema immunitario.
«Da tempo sappiamo che lo stato metabolico e nutrizionale ha un effetto sull’immunità», spiega Giuseppe Matarese, coordinatore delle ricerche sulla regolazione metabolica della risposta immune nella sclerosi multipla e docente di patologia generale e immunologia dell’Università Federico II di Napoli. «Quando mangiamo, il tessuto adiposo produce un ormone, la leptina, che inibisce il centro cerebrale della fame, segnalando che abbiamo energia a sufficienza accumulata sotto forma di grasso e riducendo quindi l’ulteriore assunzione di cibo. La leptina tuttavia ha effetti pro-infiammatori: più ce n’è, più quindi si “accende” la risposta immunitaria e viceversa. In caso di denutrizione, per esempio, la leptina scarseggia segnalando che l’organismo ha poche energie, il sistema immune funziona di meno e ci si ammala più facilmente di infezioni».
L’esatto contrario accade quando mangiamo troppo: la leptina abbonda, le cellule del sistema immunitario sono iper-attive e così aumenta sia l’infiammazione generale, sia quella nel sistema nervoso centrale, sia il rischio che qualche cellula immunitaria “impazzisca” e finisca per attaccare l’organismo, scatenando una malattia autoimmune. «Non a caso molte malattie neurologiche come l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi multipla sono più probabili nelle persone con obesità», fa notare Matarese.
UN AIUTO PER I FARMACI
Uno studio del gruppo di Matarese ha mostrato chiaramente quanto sia decisiva l’alimentazione nella sclerosi multipla. Il sovraccarico di cibo ha infatti alterato le risposte immunitarie degli animali, favorendo l’infiammazione e boicottando i meccanismi che prevengono l’autoimmunità.
IPER-ATTIVAZIONE DELLE VIE METABOLICHE
SENSIBILI ALLA QUANTITÀ DI ENERGIA PRESENTE
Tessuto adiposo
Aumentano la leptina e le molecole proinfiammatorie
Circolazione
Aumentano lipidi, glucosio, insulina
Aumento delle cellule immunitarie pro-infiammatorie
CELLULE Tconv Treg
Riduzione delle cellule immunitarie regolatorie (Treg) che tengono sotto controllo la risposta immune
Al contrario, riducendo l’apporto calorico, la malattia migliorava. Alla luce di questi risultati, si è provato a replicare l’approccio nei pazienti, sperimentando in un trial clinico una leggera restrizione calorica associata alla terapia. «Stiamo ancora analizzando i dati, ma le valutazioni preliminari indicano che diminuire del 15-20% le calorie quotidiane migliora la risposta ai farmaci e può essere perciò una valida terapia di supporto. Sappiamo che le persone in sovrappeso oltre ad avere un maggior rischio di sclerosi multipla hanno anche una malattia più severa, con più ricadute, più disabilità. Ridurre il carico metabolico diminuendo le calorie può aiutare a controllare l’immunità e migliorare l’efficacia dei farmaci come il dimetilfumarato, ma è bene sottolineare che la dieta non può mai sostituirli».
I ricercatori hanno anche provato a capire se specifici nutrienti siano da preferire o evitare rispetto ad altri: nei topolini per esempio si sono testate diete arricchite di volta in volta di carboidrati, grassi o proteine per valutarne l’effetto sull’infiammazione.
Come racconta Matarese, «anche la qualità dei nutrienti conta: i carboidrati sono più “infiammatori” dei grassi, che lo sono più delle proteine. Anche per questo la dieta chetogenica, che elimina i carboidrati, ha un potente effetto anti-infiammatorio: comporta infatti la formazione di corpi chetonici che tolgono la fame e hanno forte azione anti-infiammatorie. Tuttavia, la dieta chetogenica stretta non può essere seguita più di tre, quattro settimane al massimo. E anche una restrizione calorica forte non è percorribile, soprattutto in pazienti già provati da una malattia difficile come la sclerosi multipla. La strada più realistica per potenziare l’effetto dei farmaci e controllare l’infiammazione potrebbe essere quella di una restrizione calorica lieve che riduca principalmente i carboidrati».
Aumento del rischio di autoimmunità
Le strategie:
- Restrizione dietetica con la riduzione delle calorie, specialmente da carboidrati
- Pseudo-digiuno con farmaci che lo mimano
LEGAMI
L’eccesso di calorie e di grasso corporeo rilascia nel sangue l’ormone leptina e altre molecole che favoriscono l’infiammazione. Questo sbilancia il sistema immunitario, aumentando le cellule “aggressive” e riducendo quelle “regolatrici” (Treg). Il risultato è un forte aumento del rischio di autoimmunità.

Micro VISIONI
L’ALBERO DEI GOLOSI
Tra le piante sacre per le culture americane c’è il cacao (Theobroma cacao), un albero sempreverde. I fiori spuntano sul tronco o sui rami e i frutti contengono 25-60 semi. Questo “bastoncino”, su una foglia vista al microscopio, è un tricoma: i tricomi sono strutture simili a peli con diverse forme e funzioni, dalla difesa (come quelli urticanti dell’ortica) all’isolamento dal freddo. Si è staccato dalla base, il cerchio verde, connessa al sistema vascolare della foglia.

Dal cacao al guaranà ai cactus con effetti allucinogeni. Sono tra le piante sacre per le civiltà precolombiane e per i popoli indigeni americani. Qui viste da molto vicino.
di Giovanna Camardo immagini da Microcosms – Sacred Plants of the Americas di Jill Pflugheber & Steven F. White Papadakis Publisher | @papadakisbooks
Anche noi oggi apprezziamo molto i semi di cacao, ingrediente principale del cioccolato. Ma per le culture dell’America precolombiana rappresentavano qualcosa di più: per gli Aztechi, civiltà fiorita in Messico dal XIV al XVI secolo, erano un dono del dio Quetzalcoatl, così preziosi da essere usati come monete, e da essi si ricavava una bevanda rituale. E ugualmente erano importanti per i Maya, popolazione dell’America Centrale, nel cui pantheon c’era un dio del cacao: Ek Chuah.
OCCHI LASER
Il cacao è una delle piante sacre per le culture indigene americane: usate in rituali, per facilitare visioni, o alla base di miti. A esse è dedicato il libro Microcosmos. Sacred Plants of the Americas (v. riquadro nelle ultime pagg.), di Jill Pflugheber e Steven F. White, da cui sono tratte le immagini dell’articolo: dal cacao in queste pagine a varie piante psicoattive. Come quelle con cui si prepara l’ayahuasca, decotto assunto dagli sciamani, o il peyote, cactus che contiene l’allucinogeno mescalina.
Jill Pflugheber, della University of Kentucky, ha ottenuto le immagini con il microscopio confocale. «La tecnica usa i laser per eccitare molecole della pianta naturalmente fluorescenti: se colpite da una luce, emettono luce a una lunghezza d’onda diversa», spiega Pflugheber. «Il dispositivo scherma la fluorescenza emessa fuori fuoco, consentendo una visualizzazione precisa in un punto. Si usano un laser blu che produce un’emissione verde, un laser verde che dà un’emissione rossa e un laser rosso che provoca un’emissione oltre le lunghezze d’onda visibili, resa in blu. Il sistema raccoglie i fotoni emessi dai tessuti vegetali e poi il computer restituisce un colore corrispondente: verde, rosso o blu. Questo è ciò che vediamo». Si evidenziano così parti come il polline o i tricomi, le appendici di varie forme («Sono i “peli” che possiamo vedere sulle piante, con funzioni come la difesa dai parassiti», dice Pflugheber) che appaiono nelle immagini.
1. LANTERNE VERDI
Quelle che sembrano lucine di Natale sono tricomi di Salvia divinorum, pianta psicoattiva nativa della Sierra Mazateca nella zona di Oaxaca, in Messico. Le sue foglie fresche sono usate dagli indios Mazatechi in riti di divinazione e di cura e la pianta è associata alla Vergine Maria. La sostanza psicoattiva presente, escreta attraverso i tricomi, è la salvinorina A, potente allucinogeno che dà distorsioni delle percezioni e allucinazioni. Come per altre piante psicoattive americane, è stata “esportata” nel mondo occidentale e in alcuni Paesi è ora illegale (in Italia la pianta e il suo principio attivo sono stati inseriti tra le sostanze stupefacenti e psicotrope). Comunque la salvinorina A è studiata per possibili usi medici, come analgesico e per trattare le tossicodipendenze.
2. STELLA FORESTALE
I tricomi possono essere appendici singole o raggruppate come in questo tricoma “stellato” di Virola theiodora, un albero del bacino amazzonico. Gli Yanomami, popolo della foresta amazzonica, ricavano dalla resina una polvere chiamata yãkoana, che viene inalata: è usata per facilitare la comunicazione con il mondo degli spiriti. La pianta ha anche tradizionali usi medicinali e le ricerche hanno mostrato che ha, per esempio, un potere antibatterico.
3. STIMOLANTE
I “peli” verdi sono tricomi di Paullinia cupana, il guaranà: una pianta rampicante nativa della foresta amazzonica. Sacra per popoli come i Sateré Mawé e i Guaraní, alla base di diversi miti, i


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suoi semi sono usati per bevande stimolanti. Sono infatti molto ricchi di caffeina (in questo caso chiamata guaranina) e contengono ulteriori sostanze stimolanti come la teobromina (alcaloide del cacao). Il guaranà è usato negli energy drink.
4. BELLA DI SERA
Queste palline sono granuli di polline, su fasci di tessuto vascolare, di Datura innoxia: parente dello stramonio, è una pianta con fiori a imbuto, che si aprono alla sera, e frutti spinosi. Era usata dagli Aztechi per ridurre la febbre e da diversi popoli indigeni per indurre visioni. Serviva esperienza per usarla: tutte le sue parti infatti contengono alcaloidi (atropina, scopolamina), sono tossiche e possono essere fatali se ingerite. Gli effetti vanno dalla tachicardia al delirio.
I semi di guaranà contengono circa il doppio della caffeina presente in quelli di caffè: per la pianta, è una difesa dagli insetti

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5. LIANA DA TRIP
I fasci verdastri sono tricomi di Banisteriopsis caapi, una liana che cresce appoggiandosi agli alberi, conosciuta come ayahuasca o yagé: è l’ingrediente base del decotto che porta questi nomi, usato dai popoli indigeni sudamericani per rituali sciamanici, per contattare spiriti e antenati, per identificare malattie nei pazienti. Nella bevanda entrano anche altre piante (fatte bollire insieme) come la Psychotria viridis, un arbusto, o la Diplopterys cabrerana: le loro foglie contengono la N,Ndimetiltriptammina (Dmt), sostanza psichedelica che induce esperienze come allucinazioni, percezioni alterate, o l’impressione di incontrare entità di varia natura. Da sola la Dmt non potrebbe avere un effetto per via orale, perché viene inattivata da alcuni enzimi del

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L’ayahuasca, decotto usato dagli sciamani, viene assunta nei rituali del Santo Daime, religione nata in Brasile che unisce elementi di cristianesimo e vari culti
ESPLORAZIONE VEGETALE
Dal teosinte del Guatemala (Zea luxurians), parente del mais, alla Nicotiana rustica, originaria del Perù, da cui si ottiene il tabacco, all’amaranto (Amaranthus cruentus), fonte di cibo e usato dagli Aztechi nei riti dedicati al dio della guerra Huitzilopochtli. Sono tra le piante sacre descritte nel libro Microcosmos. Sacred Plants of the Americas (Papadakis): ne racconta storia e proprietà, con immagini al microscopio confocale. Gli autori sono Jill Pflugheber, esperta di microscopia ora alla University of Kentucky, che ha realizzato le immagini alla St. Lawrence University (Usa), e Steven F. White, che ha insegnato letteratura e cinema latinoamericani alla St. Lawrence University, autore di diversi saggi sulle piante sacre. Alcune di queste contengono potenti agenti psicoattivi. Come hanno spiegato l’etnobotanico Richard Evans Schultes e il chimico Albert Hofmann, scopritore dell’Lsd (con Christian Rätsch scrissero Piante degli dèi. I loro poteri sacri, guaritori e allucinogeni), le piante che alterano le funzioni di mente e corpo sono state da sempre considerate sacre e quelle con effetti allucinogeni erano le “piante degli dèi” per eccellenza.



corpo, ma questi enzimi sono inibiti dagli alcaloidi presenti in Banisteriopsis caapi: così la mistura ha effetti psicoattivi
L’ayahuasca – anche nota come daime – viene assunta nei rituali del Santo Daime, un movimento religioso nato in Brasile negli anni Trenta del ’900.
L’ayahuasca si è poi “globalizzata” e ha un diverso status nei vari Paesi: legale in Brasile e Perù, per esempio, vietata in vari Stati (in Italia dal 2022), permessa per uso religioso in altri.
6. SACRO PEYOTE
Sembrano palline da tennis, ma sono i granuli di polline di Lophophora williamsii, un piccolo cactus dei deserti del Nord America: il peyote, contenente mescalina, una sostanza psichedelica. Ben prima della sua popolarità nella cultura psichedelica del ’900, aveva avuto usi cerimoniali e curativi tra i popoli nativi del Messico. E uno studio del 2023 ha identificato questo cactus tra le piante raffigurate in incisioni su roccia che potrebbero risalire a 7.500 anni fa. L’ingestione del peyote è inoltre considerata un sacramento nella Native American Church, diffusa tra i nativi americani: gli effetti allucinogeni sono considerati visioni spirituali.
7. D’IMPORTAZIONE
Questi non sono funghi, ma tricomi ghiandolari sulle infiorescenze di Cannabis sativa: sono i responsabili della produzione della resina che contiene i cannabinoidi (Thc e Cbd), tra le sostanze che la pianta usa per proteggersi da insetti e patogeni. La canapa è entrata nelle cerimonie: i Cora del Messico e i Cuna di Panama hanno introdotto il fumo di Cannabis nei rituali, dopo che era stata portata dagli europei.
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PSICHE



Perché soffriamo di più il mal d’auto nelle macchine elettriche?
Con la diffusione dei veicoli elettrici (EV), sempre più persone avvertono di soffrire il mal d’auto più che quando si trovano in automobili alimentate a diesel o benzina. Come mai? Pare che sia una questione di incapacità di previsione: la nostra mente, abituata al movimento dei veicoli non elettrici, non riesce a prevedere quando l’auto accelera o rallenta, causando la sensazione di nausea. «Il cervello non riesce a stimare con precisione le forze del movimento perché si basa su esperienze precedenti con altri tipi di automobili», spiega William Emond, dell’Università di Tecnologia di Belfort-Montbéliard, in Francia Silenzio. Tra i principali problemi, riscontrati in diversi studi recenti, vi sono l’assenza di rumore del motore e la diversa vibrazione dei sedili delle auto elettriche. In generale, è dunque il silenzio tipico di queste automobili a confondere la nostra mente: non avendo segnali acustici che indichino cosa sta per accadere, il cervello “va in tilt” e non riesce a prevedere il movimento, causando un’incongruenza neurale che porta alla nausea. C G

Che cosa sono le centrali a osmosi?
Sono impianti che producono elettricità sfruttando l’osmosi, un processo naturale che porta l’acqua a muoversi da una soluzione più concentrata a una meno concentrata attraverso una membrana semipermeabile: è lo stesso meccanismo spontaneo che fa salire l’acqua dalle radici alle foglie delle piante. Il Giappone ha appena inaugurato una centrale a osmosi nella città di Fukuoka (foto), la prima in Asia e la seconda al mondo dopo quella aperta a Mariager, in Danimarca, nel 2023. Acqua di mare. L’impianto sfrutta la salinità dell’acqua: acque dolci reflue trattate si spostano verso una soluzione di acqua di mare concentrata e pressurizzata. Mano a mano, il volume della soluzione pressurizzata aumenta, attivando così una turbina connessa a un generatore e producendo energia. Il sistema non emette gas serra e non dipende dalla presenza di Sole e vento, perciò garantisce continuità ed è prevedibile. Anche se non super efficiente: la centrale di Fukuoka genererà circa 880.000 kilowattora di elettricità all’anno (l’equivalente del fabbisogno di 220 case), sufficienti ad alimentare un impianto di desalinizzazione per fornire acqua dolce alla città e dintorni. E .I.

Esistono robot che fanno il cubo di Rubik?
Sì, e sono decisamente più veloci dell’uomo. Nel 2024, gli ingegneri della Mitsubishi Electric in Giappone avevano conquistato un record mondiale: il loro robot risolveva il cubo in soli 0,305 secondi. Quest’anno, però, gli ingegneri di un’università americana, la Purdue, hanno migliorato il record, riducendolo a soli 0,103 secondi, 103 millisecondi. Se si considera che un battito delle nostre ciglia dura 200-300 millisecondi, il robot è più veloce d’un battito di ciglia (https://www.youtube.com/shorts/ue2gZ2vxs48). Algoritmi. Il sistema utilizza la visione artificiale per il riconoscimento dei colori, algoritmi di risoluzione personalizzati ottimizzati per i tempi di esecuzione e hardware di controllo del movimento di livello industriale. Ogni movimento viene eseguito con modalità finemente ottimizzate per massimizzare accelerazione, decelerazione ed efficienza meccanica, con conseguente controllo coordinato. Il macchinario è stato ribattezzato “Cubo di Purdubik” e il record è stato certificato dal Guinness dei Primati. V.T.